domenica 22 agosto 2010

Sette piani

Uno dei racconti più belli di Dino Buzzati si intitola Sette piani. E' la storia di una progressione inesorabile. Un uomo, Giuseppe Corte, entra in un sanatorio specializzato nella cura di una certa malattia per una lieve insorgenza. La peculiarità è che il sanatorio ha sette piani, e che ad ogni piano i malati sono collocati in ordine di gravità, dal settimo (i meno gravi) al primo (i terminali). Quando un malato terminale è sul punto di morire, le persiane della sua stanza vengono abbassate. Il racconto è naturalmente la storia di una discesa all'inferno che procede per incidenti minimi, trasferimenti temporanei, apparenti disfunzioni amministrative. Giorno dopo giorno, Giuseppe Corte, che inizialmente entra al settimo piano con la prospettiva di restarci per un breve periodo, inesorabilmente scende un piano dopo l'altro. Eppure a detta di tutti è, di volta in volta, il paziente più sano del suo piano, quello che dovrebbe sicuramente stare molto più su e presto ci tornerà, non appena gli equivoci saranno risolti. E' così che Corte arriva finalmente alla stanza del primo piano in cui, senza preavviso, in pieno pomeriggio, la luce sparisce dietro le persiane che si abbassano.

Uno dei temi che ricorrono più spesso in questo blog è il tentativo di capire attraverso i dati cosa sta accadendo al nostro paese, qual è la sua collocazione nel quadro socio-economico globale. In fondo, i dati statistici assomigliano un po', per un paese, a quelli clinici: sono pochi i numeri che presi singolarmente hanno un significato oggettivo e inequivocabile; però considerati nel complesso spesso permettono ad un occhio esperto di farsi un'idea sullo stato di salute del paziente. Lo stesso vale per i sistemi paese. Di alcuni dati, e del loro significato sintomatico, abbiamo già parlato in precedenza. Oggi però vorrei presentare uno dei primi risultati emersi da una ricerca che sto conducendo con i miei amici e colleghi Massimo Buscema e Stefano Terzi del Semeion e Guido Ferilli dello IULM.

Nella nostra ricerca, stiamo cercando di capire come si struttura e come si modifica nel tempo lo scenario socio-economico globale componendo in un quadro unitario tutte le informazioni che è possibile raccogliere dalle statistiche e dagli indicatori di pubblico dominio. Si tratta di una analisi piuttosto sofisticata dal punto di vista statistico, che viene condotta per mezzo di reti neurali artificiali, molte delle quali sviluppate in questi ultimi anni proprio dal Semeion. Il risultato di cui mi interessa parlare oggi riguarda una classificazione dei paesi per i quali le informazioni sono disponibili con riferimento a cinque indicatori di largo uso, la cui pubblicazione annuale è generalmente seguita con grande attenzione dalla stampa: l'indice di competitività del World Economic Forum, l'indice di sviluppo umano dell'UNCTAD, l'indice di libertà economica della Heritage Foundation, l'indice di libertà di stampa di Reporters sans Frontières, e l'indice di percezione della corruzione di Transparency International. Nel loro complesso, questi cinque indicatori delineano i principali aspetti di una società aperta popperiana, e quindi possono essere considerati un buon indicatore composito della collocazione di un paese all'interno del quadro globale dei flussi di beni, servizi ed idee, dello stato di salute e dell'efficienza del suo sistema economico, del suo sistema formativo e della sua pubblica amministrazione, della democraticità e della trasparenza della sua vita pubblica, e così via.

Quello che normalmente si fa, quando ciascuno di questi indicatori viene pubblicato, è commentare se un determinato paese è salito o sceso in classifica, ma è più difficile capire come i movimenti dei singoli valori modificano il posizionamento complessivo del paese nell'arena globale. La nostra ricerca si propone di rispondere espressamente a questa domanda. La mappa che trovate qui sotto descrive i quattro principali raggruppamenti di paesi che si producono mettendoli a confronto sui dati relativi ai cinque indicatori per l'anno 2007.



I quattro gruppi possono essere letti come segue: quello dei paesi socio-economicamente più avanzati, più vicini cioè al modello della società aperta (in viola); quello dei paesi con buoni valori di sviluppo socio-economico e di democraticità ma su un ordine di grandezza inferiore a quello del gruppo di punta (in grigio scuro); quello dei paesi con livelli discreti di sviluppo socio-economico ma con bassi livelli di democraticità e di trasparenza (in giallo senape), e quello dei paesi con bassi livelli di sviluppo socio-economico e di democraticità e trasparenza (in verde).

Il gruppo di punta comprende il Nord America, la maggior parte dell'Europa Occidentale, il Cile, l'Oceania, il Giappone e la Corea. L'Italia non c'è: è nel secondo gruppo, assieme alla Grecia, al blocco dei paesi comunitari dell'est, al blocco sudafricano, al Brasile e al Perù. Rispetto al gruppo di testa, l'Italia appare significativamente indietro non soltanto sul piano della competitività e della libertà economica, ma anche della libertà di stampa, e ancora più sensibilmente su quello della percezione della corruzione. Solo lo sviluppo umano raggiunge livelli coerenti con quelli del gruppo di eccellenza.

Agli inizi del decennio, il nostro paese, in una classificazione analoga, sarebbe stato ancora nel gruppo di testa, e tra i paesi attualmente compresi nel secondo gruppo è l'unico che vi è entrato discendendo dal primo. Siamo scesi di un piano, nel sanatorio. Ed esattamente come nel racconto di Buzzati, troviamo tanti che commentando questi dati direbbero: ma sì, ma andiamo, ma è evidente che nel secondo gruppo noi siamo su un altro livello rispetto agli altri, siamo i più sani di tutti... Quel declassamento di un piano è una cosa temporanea, una bizzarria statistica, è evidente che noi siamo nel gruppo dei migliori, che l'ultimo piano ci spetta di diritto, e lì torneremo presto. E io sarei d'accordo con questi commentatori, se nel frattempo ci fosse qualcuno che si preoccupa delle cure, che prende sul serio queste analisi cliniche e si chiede qual è la ragione, quale potrebbe essere la cura migliore, cosa si potrebbe fare. Ma visto che invece tutto quello che si sente ripetere è un chiacchiericcio senza senso condito di inviti al buonumore e all'ottimismo, questo racconto di Buzzati proprio non mi va via dalla testa. Nel frattempo, anno dopo anno, tutti i nostri indici continuano a scendere.

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