Il CNEL è un "Organo di consulenza delle Camere e del Governo" previsto dall'articolo 99 della Costituzione. Ha potere di iniziativa legislativa in ambito economico e sociale. Si compone di centoventuno consiglieri (12 esperti, 44 rappresentanti dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, 18 rappresentanti del lavoro autonomo, 37 rappresentanti delle imprese, 10 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato). Costa all'incirca 20 milioni di euro l'anno e in 50 anni di vita ha prodotto 16 disegni di legge, meno di uno ogni tre anni. Il che vuol dire che ciascuno di questi disegni di legge è costato in media poco più di 60 milioni di euro. Non c'è quindi da sorprendersi se ultimamente si levino da più parti richieste abbastanza insistenti di una sua abolizione.
L'impianto del CNEL, che è rimasto sostanzialmente immutato nei decenni, riflette una concezione della politica economica che forse poteva avere un senso nel secondo dopoguerra, ma che oggi è difficile non giudicare drammaticamente obsoleta e poco difendibile dal punto di vista di una serena analisi costi-benefici. Abolire dunque? In realtà, di un organo che sia capace di fornire elaborazioni e proposte per le strategie di politica economica sui temi e nei settori di interesse strategico a livello nazionale, complementare a quanto già fa (piuttosto bene) l'Ufficio Studi della Banca d'Italia nei suoi ambiti di competenza, può esserci bisogno, ammesso che sia produttivo e che consumi un livello di risorse pubbliche ragionevole. Certo è difficile che questo possa accadere in un organo che si serve di una compagine abbastanza elefantiaca di consiglieri, magari neanche troppo assidui nella loro presenza, piuttosto che di una squadra competente e agguerrita di tecnici (economisti, giuristi, sociologi, scienziati della politica, per limitarci alle aree più ovvie): con un budget come quello attuale, si potrebbe attingere senza problemi al job market internazionale delle competenze in questi campi, naturalmente con una attenzione privilegiata ai migliori giovani PhD italiani emersi dalle università nazionali e straniere negli ultimi anni. Ed è facile prevedere che in questo modo si avrebbero risultati molto più utili a dare forma alle strategie di politica economica di medio-lungo termine per il nostro paese.
Un semplice confronto può essere utile per capire meglio. Nel Regno Unito esiste il NESTA (National Endowment for Science, Technology and the Arts), un organo indipendente la cui missione è quella di rendere il Regno Unito più innovativo, e quindi più competitivo a livello globale. Il NESTA opera a costo zero per il contribuente britannico, si finanzia attraverso la gestione di un fondo di dotazione di 300 milioni di sterline fornito dalle Lotterie Nazionali e sostiene le proprie attività grazie agli interessi sul fondo di dotazione, al reddito derivante dai propri investimenti finanziari e a vari finanziamenti pubblici e privati legati a singole iniziative. Il NESTA ha tre aree principali di azione: investe nelle imprese innovative nelle loro prime fasi di sviluppo, fornisce analisi ed elaborazioni per la politica economica nazionale, ed elabora progetti e piani d'azione concreti che aiutino il sistema paese ad individuare e ad affrontare le più rilevanti sfide future. Direi che suona molto simile a quello che si potrebbe sperare da una ragionevole riforma e riorganizzazione del CNEL, che per di più ha a disposizione un rilevante budget pubblico annuale.
Il NESTA impiega un team di giovani ricercatori di notevole competenza, e di volta in volta coinvolge nelle sue attività di elaborazione e ricerca alcuni dei maggiori esperti a livello mondiale. Non sto a dilungarmi sui risultati che produce e sull'impatto delle sue attività sulla politica economica nazionale: vi invito a verificarlo da soli attraverso la lettura dei report e delle rassegne annuali di attività, e se volete davvero approfondire attraverso la lettura dei documenti di policy che vengono prodotti a getto continuo dal centro studi (che potete confrontare, se volete, con quelli prodotti dal nostro CNEL). E in più, come ho già accennato, al NESTA investono anche sui nuovi progetti imprenditoriali giudicati più promettenti sulla base di criteri precisi e stringenti. Vedrete da soli come tutta l'attività nasca da una precisa impostazione strategica, che viene presentata, condivisa, valutata e revisionata al termine di ogni ciclo annuale di attività attraverso il confronto con vari, specifici advisory boards e un auditing molto rigoroso. Il NESTA è sicuramente, in questo momento, uno dei luoghi di elaborazione più autorevoli e dinamici sulle politiche economiche non soltanto a livello nazionale, ma a livello europeo.
Ho conosciuto personalmente il direttore dell'ufficio studi al NESTA, Hasan Bakshi, in una conferenza internazionale a Bruxelles sulle industrie creative. Ero il moderatore di una tavola rotonda in cui lui era chiamato a presentare il (notevole) lavoro del NESTA in questo ambito. Hasan è un ragazzo giovane, brillante e pieno di energia. Ha studiato a Cambridge e ad Oxford, è stato consulente del Consiglio Nazionale del Cinema inglese e ha lavorato come economista alla Bank of England, come Executive Director in Lehman Brothers, e come Vice Capo Economista al Foreign and Commonwealth Office. Il profilo professionale di Hasan è rappresentativo del criterio con cui è costruito lo staff dell'Ufficio Studi del NESTA.
In sintesi, la situazione è questa: da noi, c'è un organo fondamentale per l'elaborazione della politica economica che ha un esercito di consiglieri che hanno comunque altre occupazioni (spesso, molte altre), non sembra brillare per produttività e costa ai contribuenti 20 milioni di euro l'anno. Nel Regno Unito, c'è un organo con funzioni simili ma debitamente aggiornate ai nuovi scenari della competitività internazionale, le cui risorse vanno essenzialmente a garantire il lavoro di uno staff di professionisti di altissimo livello full time e di esperti di fama internazionale, è un centro riconosciuto di eccellenza mondiale e non costa un euro ai contribuenti in quanto si autofinanzia sulla base di un fondo fornito dalla Lotteria Nazionale. Vedete un po' voi.
La prossima volta che qualcuno vi dice che in Italia sarebbe bello dare opportunità concrete ai nostri giovani, migliori talenti nella ricerca socio-economica e ai nostri imprenditori in erba più innovativi ma non si può fare perché mancano le risorse, per favore, fategli una pernacchia da parte mia. Grazie.
diventare tutti calciatori, moderni gladiatori dell'impero in disfacimento..in fin dei conti in tutti gli imperi al momento della fine si esaltavano i giullari e il divertimento..gli 'intellettuali' fastidiose zanzare..chissà..
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