Qualche giorno fa mi è stato chiesto un parere sull'opportunità di continuare a tenere aperto o meno il MAO, il Museo di Arte Orientale di Torino. Al momento in città si è sviluppata una polemica tra coloro che difendono il museo e coloro che lo ritengono troppo costoso e troppo poco frequentato per potersi permettere di lasciarlo aperto in un momento così difficile per i finanziamenti alla cultura.
A mio parere, la questione viene posta in modo errato. Il problema non è se il MAO costi troppo o troppo poco in astratto, ma piuttosto se esso possa o meno giocare un ruolo importante all'interno del panorama di offerta culturale della città, e più in generale all'interno della logica complessiva del suo sviluppo a base culturale.
Se si ragiona in questi termini, è possibile comprendere che la questione è molto più complessa (e interessante) di quello che sembrerebbe rimanendo sulla superficie di una polemica sterile.
Un museo di arte orientale, per di più bello, è in questo momento una notevole opportunità di diplomazia culturale verso una delle aree più attive economicamente, socialmente e culturalmente alla scala globale: un aspetto che dovrebbe interessare una città come Torino, che lavora con interesse all'apertura di nuovi mercati per le sue aziende ad alta tecnologia.
Un museo di arte orientale rappresenta poi una opportunità importante di coinvolgimento del pubblico giovanile, oggi attento e interessato come mai in passato alle forme della produzione culturale di massa dell'estremo oriente: i manga, gli anime, ma anche i tv drama, oggi facilmente accessibili (e sottotitolati da attivissime comunità di volontari per aumentarne la diffusione) attraverso le piattaforme di contenuti online. Fumetti, cartoni animati, sceneggiati televisivi: forme di espressione culturale che, a differenza di quanto accade (fortunatamente, sempre più di rado) qui in occidente, nei contesti di origine di queste produzioni non vengono generalmente considerate come manifestazioni di una cultura 'bassa' opposta ad una cultura 'alta' - non a caso, i richiami ai temi e ai contenuti delle espressioni culturali della tradizione, contaminati in modo libero e coraggioso con la sensibilità contemporanea, sono frequenti ed espliciti in tutti questi ambiti. Il MAO, peraltro, è già molto aperto al dialogo con tutte le arti, anche nelle loro espressioni più contemporanee, come nel caso del cinema e della musica: si tratta soltanto di fare un passo oltre su una strada di fatto già tracciata.
Una realtà come Torino, l'unica forse delle nostre grandi città ad aver fatto una scommessa seria sulla costruzione di una identità urbana legata al contemporaneo, non potrebbe che beneficiare di un polo di attivazione culturale che si apre coraggiosamente anche alle nuove ibridazioni linguistiche, che sono la vera cifra di questo momento storico, e che trovano nei paesi dell'estremo oriente uno dei laboratori più fertili e sorprendenti. I manga (gli anime, i tv drama storici e non) nel museo, quindi: perché no? I manga come porta per la costruzione di uno sguardo diverso, più profondo, più interessato alla grande tradizione dell'arte orientale: perché no? I manga, un possibile genere classico del futuro: perché no?
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